I Diavoli di Zonderwater

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02/05/2021 Dal 4 maggio su SkySport, il giornalista sportivo Federico Buffa racconterà la particolarissima storia di quasi centomila prigionieri di guerra italiani che, fra il 1941 e il 1947, furono esiliati in Sudafrica nel campo di prigionia di Zonderwater e che, solo grazie allo sport, ritrovarono la dignità di persone.

Questo miracolo di umanità e di organizzazione fu del Colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, il comandante di Zonderwater che fece di tutto per impedire ai prigionieri di soccombere alla loro condizione: li tenne in allenamento fisicamente e psicologicamente, li salvò trattandoli con umanità e solidarietà. Nel sistema da lui ideato lo sport aveva un ruolo fondamentale, non era solo gioco, ma soprattutto un inno alla vita.
La narrazione, tratta dall’opera di Carlo Annese “I diavoli di Zonderwater” (Edizioni Sperling e Kupfer, 2010), ripercorrerà le vicende umane di tanti giovani italiani che mossi dall’istinto di sopravvivenza e grazie alla lungimiranza del comandante, col passare del tempo riuscirono a riprodurre, a oltre 11.000 km da casa, un modello di vita sociale simile a quello da cui la guerra li aveva strappati. Più di un quarto dei prigionieri di Zonderwater, infatti, poté praticare calcio, boxe e scherma, ma anche ginnastica, atletica leggera, pallacanestro, pallavolo, tennis, lotta libera e ciclismo. Tra le belle storie che saranno raccontate nel documentario anche quella di Ezio Triccoli, il compianto maestro jesino che a Zonderwater apprese i primi rudimenti della Scherma per poi aprire, dopo la fine della guerra, una sua piccola sala d’arme che sarà la fucina di alcuni dei più grandi talenti mondiali di tutta la storia di questa disciplina sportiva.

Il M° Ezio Triccoli con maschera e fioretto
Il M° Ezio Triccoli con maschera e fioretto

Di seguito alcuni brevi brani della storia di Triccoli tratti dal libro di Carlo Annese.
“Ezio Triccoli era nato nel 1915. A ventun anni era partito per la guerra di Spagna per aiutare la famiglia. il padre era di Voghera e installava le filande […]. Tornato dalla Spagna, Triccoli era stato assunto come amanuense in pretura e poi in Comune. […] Il 28 maggio 1940 era stato richiamato alle armi e inquadrato nel 26° artiglieria con il quale era stato catturato […]. A Zonderwater scoprì di avere abilità nei lavori manuali era un uomo rigoroso, coerente fino all’estremo, e pur non essendosi schierato con i fascisti, non aveva nemmeno accettato l’idea di passare dalla parte degli inglesi […]. Triccoli che non aveva mai toccato una spada prima di allora, aveva iniziato per caso con un sottufficiale inglese e si accorse di avere un talento prezioso. A Zonderwater Ezio prese le prime vere lezioni con il capitano Serafino La Manna […].

Il M° Ezio Triccoli durante un assalto di scherma

L’incontro con La Manna fu determinante, non solo per la passione personale di Ezio, ma anche per la nascita di una scuola assolutamente unica, che avrebbe consentito all’Italia di conquistare un numero strabiliante di medaglie olimpiche e iridate […]. Triccoli aprì una palestra che avrebbe fatto di Jesi la capitale della scherma italiana e mondiale. In quei locali, dove era già cresciuta Maria Cristina, la figlia di Triccoli, campionessa italiana di fioretto a 17 anni si sono formati Stefano Cerioni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali […]. A loro Ezio ha tramandato ciò che imparò a Zonderwater studiando ogni giorno con quel medico siciliano (Serafino La Manna) e applicando poi in pedana, in mezzo a migliaia di prigionieri di guerra, le straordinarie scoperte comuni. Ci sono due uomini importanti: Fulvio Mezzadri, un grande fiorettista di scuola napoletana e Guerrino Ceroni di Lugo di Romagna. […] Triccoli era un uomo istintivo, curioso, uno sperimentatore inesauribile ed eclettico. Si costruiva da solo, con il metallo delle gavette, spade, fioretti e maschere protettive. Dalla prigionia Ezio scrisse una lettera al fratello Elvio…. “Caro fratello…Mi raccomando di rimanere sempre in gamba e sveglio, di essere sempre combattivo nella vita e di non farti sopraffare: solo così si può sperare di riuscire.”